Indice dei contenuti
- 1 Il diritto di recesso da un contratto di prestito
- 2 Cosa fare quando non si può più promuovere il recesso?
- 3 La procedura del recesso nei prestiti
- 4 Perché recedere dal contratto di prestito?
Prima di tutto è essenziale comprendere cosa sia il diritto di recesso sotto il profilo giuridico. Si tratta di una opportunità che può essere fatta valere da qualsiasi parte contraente, a seguito dell’atto di stipula, finalizzata a svincolarsi dall’impegno negoziale assunto. Quando si compie un’attività del genere si decide dunque di cessare la relazione contrattuale. La facoltà di recedere tuttavia deve essere promossa entro un determinato periodo di tempo, affinché possa ritenersi valida e produrre degli effetti sul piano giuridico. Una deroga all’obbligo di rispettare il limite del lasso di tempo di quattordici giorni si rileva nei contratti ad esecuzione periodica o continuata, dove il diritto di recesso è ammesso che si faccia valere anche dopo lo svolgimento di determinati impegni convenuti contrattualmente, senza tuttavia comportarne l’inefficacia.
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- Anche nei contratti di prestito è garantito al richiedente il diritto di recedere. Si ricorda, tuttavia, che prima dell’introduzione del decreto legge che ha riformato la disciplina del credito al consumo, si poteva far valere questo diritto soltanto in determinati casi. La nuova normativa invece prevede la possibilità di recedere dal contratto di finanziamento per qualsiasi motivazione, anche in virtù di un semplice ripensamento. Soprattutto, il diritto di recesso è ammissibile in qualsiasi formula di prestito, senza l’obbligo di dover fornire delle spiegazioni a fondamento della decisione. Il recesso, al fine di potersi ritenere valido ed efficacie, deve essere promosso entro due settimane dalla stipula del contratto. Il periodo si calcola dal momento in cui avviene la stipula del contratto di finanziamento.
Il diritto di recesso da un contratto di prestito
Il diritto di recesso da un contratto di prestito è dunque sempre garantito, anche nel caso in cui si faccia valere in termini di ripensamento. Quindi non si devono porre a fondamento della propria scelta delle giustificazioni. La procedura prevede che il recesso sia promosso entro quattordici giorni dalla stipula del contratto di prestito, mediante l’invio di una raccomandata con ricevuta di ritorno all’ente creditizio coinvolto. Qualora il beneficiario del prestito rilevasse che la somma richiesta gli fosse già stata accreditata, sarebbe obbligato a restituirla nei trenta giorni successivi dalla comunicazione del recesso. La restituzione della somma deve comprendere anche gli interessi maturati fino a quel momento e le diverse spese obbligatorie, riferibili alle imposte. Si ricorda che chi recede non deve sostenere altra spesa se non quelle menzionate. Né gli si può imporre il pagamento di una penale.
Gli effetti del recesso si riverberano all’intero contratto di prestito. Ciò sta a significare che se fossero stati stipulati dei servizi accessori, con entità terze, come quando si coinvolge una compagna assicurativa attraverso la quale si decide di tutelarsi dal rischio di insolvenza, cesserebbero anch’essi di esistere. L’estensione avviene anche nel caso in cui vi fosse una correlazione fra il contratto di prestito e la rilevazione di un bene o di un servizio, a meno che non se ne abbia già preso il possesso. Ci si riferisce all’ipotesi che venga posta in essere una procedura di prestito finalizzato. Inoltre, in questa formula di prestito, il recesso è ammesso che si possa promuovere anche nel caso in cui il prodotto o il servizio che si acquista presenti dei difetti. Se il beneficiario del prestito avesse già pagato delle rate, l’ente creditizio coinvolto sarebbe obbligato a restituire, senza dover pretendere altro tipo di obblighi. L’ente creditizio potrebbe al massimo promuovere delle azioni risarcitorie nei confronti del rivenditore.
Cosa fare quando non si può più promuovere il recesso?
Qualora il beneficiario facesse passare il periodo di quattordici giorni dal momento della stipula del contratto di prestito, utile per far valere il diritto di recesso, non avrebbe più facoltà di esercitarlo. Nei suoi confronti rimarrebbe tuttavia l’opportunità di estinguere anticipatamente il debito, in maniera parziale oppure totale. Nel primo caso il consumatore potrebbe estinguere una parte del debito rimanente, con il conseguente alleggerimento del piano di rimborso. In quanto l’importo delle singole rate diminuirebbe per tutta la durata del finanziamento. Altrimenti sarebbe possibile procedere all’estinzione totale del debito. Entrambe le opzioni possono essere promosse in qualsiasi momento. Tuttavia comporta l’avvio di una procedura più complessa. Difatti si deve prima avvisare l’ente creditizio coinvolto della volontà di estinguere il debito residuo.
- L’ente a sua volta deve procedere a compilare un documento, denominato conteggio estintivo. Che deve essere comunicato al cliente entro dieci giorni dalla sua volontà di estinguere in anticipo. Al suo interno si fornisce un computo da cui sono desumibili le diverse spese da affrontare al fine di estinguere il debito residuo. Ovviamente si dovrebbe sostenere anche il pagamento di una penale nel caso fosse inserita nel contratto. Il cui valore non dovrebbe mai superare l’1% della somma da restituire. Il cliente una volta preso possesso del documento non si riterrebbe ancora vincolato, nel senso che avrebbe la facoltà di continuare a sostenere gli obblighi previsti a livello contrattuale. Nel caso invece estinguesse l’intero debito cesserebbe ogni tipo di vincolo nei confronti di chi ha erogato il prestito. Di solito si pratica questa possibilità nel momento in cui ci si trova in condizioni economiche favorevoli, in ragione delle quali diventa possibile estinguere l’intero debito. E non avere più l’incombenza di sostenere un piano rateale.
La procedura del recesso nei prestiti
All’interno del contratto di prestito di solito si definiscono anche le modalità attraverso cui poter far valere il diritto di recesso. Nella maggior parte dei casi si promuove l’azione mediante l’invio di una raccomandata con avviso di ricevimento. All’interno della lettera si deve ricordare la data in cui è avvenuta la stipula del contratto e i riferimenti del negozio stesso. Nel caso in cui la somma di danaro fosse già stata accredita sul conto del beneficiario, come si è accennato in precedenza, la si dovrebbe restituire entro trenta giorni calcolati dal momento in cui si è comunicata la volontà di recedere. Oltretutto il beneficiario del prestito dovrebbe rimborsare anche gli interessi che sono maturati nel frattempo e le spese relative alle imposte. L’ente creditizio di solito fornisce un documento attraverso cui conoscere l’importo esatto da restituire. Nei confronti del cliente, in caso di recesso, non si può obbligare il pagamento di penali.
- Si sottolinea nuovamente che il recesso, una volta che si è fatto valere ed ha prodotto i suo effetti, si estende anche alla relazioni contrattuali costituite per servizi accessori. Ci si riferisce in particolare ai contratti di assicurazione sul prestito, che di solito il richiedente stipula al fine di tutelarsi in caso di mancata estinzione del debito o di ritardo nel pagamento delle singole rate. Ci si riferisce all’assicurazione sulla vita e perdita di lavoro
Perché recedere dal contratto di prestito?
Il desiderio di recedere dal contratto di prestito può emergere per le motivazioni più disparate. La ratio della norma è collegata al concetto di ripensamento, ossia alla facoltà di ciascuno di poter tornare sui propri passi. Perché non si è convinti fino in fondo della scelta fatta. Il più delle volte si decide di recedere in quanto ci si rende conto che l’impegno assunto non è alla propria portata. In particolar modo si rileva che il piano di ammortamento, seppur congegnato in base alle condizioni patrimoniali e reddituali proprie, rappresenta un impegno eccessivamente gravoso. Nei confronti del quale non si è nelle condizioni di poterlo affrontare senza andare in sofferenza. Oppure si sceglie di recedere perché si ha la consapevolezza che ci si possa esporre al rischio di risultare ritardatari o addirittura insolventi in occasione del pagamento delle singole rate.
Di conseguenza si ritengono cruciali i quattordici giorni successivi alla stipula di contratto di prestito. Perché soltanto in quel lasso di tempo è possibile denunciare eventuali ripensamenti all’ente creditizio coinvolto. La scelta di recedere può dipendere anche dall’emersione di situazioni problematiche nei giorni successivi alla stipula del contratto di prestito. Che comportano l’impossibilità di sostenere gli impegni convenuti contrattualmente. Ci si riferisce all’ipotesi che un evento imprevisto sia sopravvenuto ed abbia messo il beneficiario del prestito nelle condizioni di non poter più affrontare il piano di ammortamento. Dunque si tratta di una forma di garanzia concessa al consumatore qualora, per le ragioni più variegate, non desideri o non si trovi più nelle condizioni di assumersi un impegno del genere. In ogni caso, qualora trascorressero i quattordici giorni, gli sarebbe offerta la possibilità di estinguere anticipatamente il prestito, in parte oppure totalmente. Nel primo caso deriva la facoltà di affronta un piano di rimborso più leggero. Nel secondo invece si cessa ogni tipo di relazione con l’ente creditizio.
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